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Tag: Ponte Alle Grazie

— C come Consigli di lettura —

La forma del silenzio di Stefano Corbetta

12 Ottobre 2020

Lo aveva stabilito la Conferenza internazionale di Milano sull’educazione dei sordomuti nel 1880. Loro sapevano esattamente quale fosse la cosa migliore da fare. Loro, che non erano sordi né muti, loro che potevano parlare e sentire e vivevano in quel mondo perfetto, loro che a occhi chiusi potevano dire il proprio nome e lasciarlo galleggiare… Read More La forma del silenzio di Stefano Corbetta

Stefania Iannolo

Stefania Iannolo

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lcome_libro

Lettrice e blogger.
Credo nel potere 💫 salvifico dei libri 📚 ma anche in quello delle tagliatelle 🍝 al ragù e della parmigiana di melanzane 🍆 .

Elsa, Vittorio, Anna e Leo. Una famiglia. Leo è i Elsa, Vittorio, Anna e Leo. Una famiglia.
Leo è il figlio più piccolo, fratello di Anna, ha sei anni ed è nato sordo, ma questo non gli impedisce di trascorrere un’infanzia felice, specialmente con Anna, con cui riesce a creare un legame molto forte, un’intesa che spesso va oltre quella possibile attraverso la Lingua dei Segni, e, con Anna, Leo si sente al sicuro, in un mondo fatto di silenzio e di significati che a volte prendono forma anche solo con uno sguardo.
Arriva il tempo della scuola e il piccolo Leo deve lasciare la famiglia per frequentare un istituto speciale per sordi. 
Siamo negli anni Sessanta e nelle scuole è vietato usare la Lingua dei Segni. Per Leo comincia un periodo difficile e di grande smarrimento.
Poi, in una notte di inverno, scompare nel nulla. Di lui non si hanno più notizie, qualsiasi traccia svanisce.

Diciannove anni dopo, nello studio di Anna, si presenta Michele, un compagno di Leo ai tempi della scuola. 
Michele, attraverso la Lingua dei Segni, racconta ad Anna di quella notte, della scomparsa di Leo, e, per Anna, comincia un percorso difficile e doloroso, che la porterà a fare i conti con il passato, con la sua vita spezzata, con la fragilità e la sconfitta di una famiglia distrutta da una perdita enorme, con i sensi di colpa per non aver saputo proteggere Leo come promesso e con la scoperta di un segreto enorme e indicibile.
Ve lo racconto meglio sul blog [link in bio], ma voi leggetelo, perché, ancora una volta, Stefano Corbetta riesce ad addentrarsi con grande maestria e delicatezza nelle pieghe più nascoste della vita, là dove prende forma la nostra esistenza, che sia un silenzio, una voce, uno sguardo, o una luce.
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“C’è la vita, nella musica. Ed è impossibile “C’è la vita, nella musica. Ed è impossibile dire con certezza dove finisca l’una e abbia inizio l’altra.”
🎶🎵🎶
Il rock è sempre stato il mio genere musicale preferito. Avevo solo dodici o tredici anni e già conoscevo a memoria la maggior parte dei testi delle canzoni più famose.
E, ovviamente, anche io, come molti, ho sognato di far parte di un gruppo, di calcare palchi famosi e scatenare folle incontenibili.
Crescendo poi ho saputo dare spazio anche ad altro, alla musica classica, al britpop, al grunge, al country, al punkrock, ma ancora adesso, quando ho bisogno di sentire vibrare qualcosa sottopelle, la scelta cade imprescindibilmente su un pezzo rock, sicuramente anni ’70 o ’80, mai oltre. Ci sono pezzi che riescono ad emozionarmi ancora come quando li ho sentiti per la prima volta.
📚
La lettura di Daisy Jones & The Six è stata travolgente, la storia narrata direttamente dalle voci dei protagonisti è così vivida che quelle voci si riescono a sentire, una da una.
La nascita, il trionfo e la morte di un gruppo rock leggendario, i sogni, la fatica, le prime conquiste, il prezzo da pagare per essere ciò che si è, le rinunce, la lotta alla sopravvivenza, il baratro delle dipendenze, le fragilità che emergono specialmente a riflettori spenti, le esigenze di un mondo che, così come può portarti all’apice del successo nel giro di una notte, ti può annientare nello stesso lasso di tempo, la libertà, declinata sotto svariate forme.
🎶🎵🎶
Daisy Jones & The Six, di Taylor Jenkins Reid, è una storia che fa girare la testa, che narra di sogni troppo grandi da afferrare e demoni troppo forti da combattere, una storia che vibra e che coinvolge a tal punto da diventare reale, dalla prima all’ultima pagina.
Ne parlo sul blog. Link in bio.
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“Aveva l’impressione che il mondo intero avess “Aveva l’impressione che il mondo intero avesse trattenuto il fiato per vent’anni, e che solo quella notte avesse ripreso a respirare.”
📚
Un dolore che non passa, frantuma la vita in mille pezzi e la rimodella sulla sua forma.
È questo che succede a Sara e a Pietro, dopo la perdita del figlio. Ad Angela e Amelia, dopo la perdita del fratello.
“Solo un ragazzo” è la storia di una vita incastrata tra il non detto e l’apparenza di una normalità che serve a non guardare, a non aprire gli occhi prima che sia troppo tardi, e, quando il tardi arriva, il peso delle conseguenze diventa insostenibile. È solo un ragazzo…lo diciamo sempre.
È la storia dell’impossibilità di un genitore di porre ai propri figli quell’indicibile domanda “chi sei tu veramente?” Una domanda che nasconde in sé ulteriori spaventosi interrogativi che, se solo pronunciati ad alta voce, farebbero detonare risposte che non si vogliono sentire.
È la storia di una perdita che non diventerà mai assenza, al contrario, sarà sempre una presenza gravosa, quasi visibile, quasi palpabile, forse reale.
📚
Dopo aver amato “La vita felice”, torno a perdermi tra le pagine di un’autrice che, con una scrittura che non riesco a definire se non meravigliosa, dà vita a storie che si insinuano nell’anima, riesce a farti entrare in ogni personaggio, a rendertelo caro, ti fa porre quesiti scomodi e spesso dolorosi. E poi le risposte sono lì, nascoste nel coraggio di una domanda.
Ne parlo sul blog. Link in bio.
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“Quando venni al mondo avevo dodici anni, cinque “Quando venni al mondo avevo dodici anni, cinque mesi e centosessantaquattro ore. Perché non nasciamo il giorno in cui vediamo la luce, nell’attimo in cui braccia sconosciute ci trascinano nell’infinito indecifrabile corso della storia, ma molto prima, quando il pensiero di noi si è insinuato nella mente ancora libera di uomini e donne, quando il nome d’un essere inesistente appare nell’orizzonte sfumato d’una vita possibile.”
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La storia di Astolfo Malinverno, bibliotecario e guardiano del cimitero di Timpamara, un paese che vive di storie, un luogo in cui le parole sono portate dal vento sulle pagine di tutti i libri che arrivano al maceratoio e spesso trovano una nuova vita anziché la morte, segna il grande ritorno di Domenico Dara, il mio cantastorie preferito, colui che narra della possibilità e degli equilibri che tengono insieme il mondo.
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“Malinverno” è una storia che ti cambia, è il cerchio perfetto che si chiude, o forse una spirale che continua all’infinito e che sistema, al suo passaggio, tutti i pezzi del mosaico fino a creare l’immagine perfetta.
Domenico Dara, come sempre, con le sue parole mette in ordine il mondo, sposta persone e cose con delicatezza e trova loro la giusta collocazione nel sistema universale, qualcosa che va oltre la nostra semplice percezione terrena.
Ve lo racconto meglio sul blog [link in bio], ma voi leggetelo, lasciatevi trasportare da una storia che è poesia, da un linguaggio che è musica e, se non lo avete ancora fatto, vi consiglio con tutto il mio cuore di recuperare anche “Breve trattato sulle coincidenze” e “Appunti di meccanica celeste”, ne uscirete arricchiti e con il cuore grande.
#Malinverno @domenicodara @feltrinelli_editore 
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